ERIKA VANZIN
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Le parole hanno un peso

19/3/2020

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Quante volte ci è capitato di sentire un pettegolezzo e avere la curiosità di andare più a fondo della questione? Inutile nascondersi, è capitato a tutti almeno una volta nella vita. La curiosità di saperne di più è insita nella natura umana e non è sbagliata, se questa non diventa morbosa o cattiva. ​
Ne “la giara delle imperfezioni”, però, i pettegolezzi non sono curiosità senza malizia, sono vere e proprie etichette appiccicate addosso a chiunque si dimostri “diverso” dagli altri. Spesso non ci accorgiamo neppure che stiamo imprimendo un marchio addosso a qualcuno, lo facciamo in modo inconsapevole, spesso non realizzando che le parole lasciano un segno. 
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Photo by Jon Tyson on Unsplash
“Quella/o un po’ in carne”, “il/la secchione/a”, “quella che ride sempre”, “quello che ha sempre il muso”, sono solo alcuni dei modi per identificare una persona in base alla percezione che noi abbiamo di lei, non per quello che effettivamente definisce chi è davvero. Spesso lo si fa in maniera del tutto innocente, senza davvero voler ferire quella persona, non dicendolo neppure in faccia al diretto interessato. L’obiettivo non è quello di offendere il soggetto, è quello di identificarlo in una conversazione. Cosa succede, però, se anche altre persone iniziano a usare quei termini per identificarla?
È così che nascono le etichette addosso alle persone, basta che qualcuno cominci, poi si unisce il secondo, il terzo e così via, finché la percezione di quella persona diventa quella con cui la si identifica. A quel punto, anche il diretto interessato verrà a sapere come lo chiamano, perché il suo nome verrà associato a quella parola che gli è stata affibbiata, marchiandolo con un termine che potrebbe stargli stretto, farlo soffrire, farlo arrabbiare. A quel punto chi ha cominciato con quel termine non ha più il controllo di non ferire i sentimenti di quella persona perché non ha più il controllo di quello che ha cominciato.
Ne “la giara delle imperfezioni” la situazione è ancora peggiore. Le etichette appiccicate addosso a Daisy e Josh sono andate ben oltre il pettegolezzo: sono veri e propri insulti lanciati per ferire loro due. Non si tratta più di bisbigli tra le persone ma di bullismo che porta a vessazioni fino alla vera e propria violenza fisica. Daisy e Josh non hanno autostima, si nascondono, cercano di attirare meno attenzione possibile su di loro; sono due persone brillanti e piene di vita soffocate da chi vuole fare loro del male.
Che impatto hanno questi atteggiamenti sulla loro vita? Daisy e Josh sono l’esempio di come la società può condizionare la vita delle persone. I due ragazzi possono essere considerati due “perdenti”, due persone che accettano la loro condizione senza ribellarsi, cercando di passare inosservati, nascondendosi e vivendo una vita che non è la loro.
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Photo by Luis Galvez on Unsplash
Josh e Daisy, però, non sono nati così, non sono nati con l’autostima sotto i tacchi e la voglia di sparire di fronte al resto del mondo. Anni di pettegolezzi, vessazioni, sussurri insistenti che hanno attecchito fino a farli diventare “reali” agli occhi di tutti, hanno condizionato la vita di due individui che non avevano nessuno che potesse difenderli, o anche solo qualcuno con cui parlare e rimettere le cose in prospettiva.
Le parole hanno un peso, che siano dette direttamente alla persona interessata o che siano sussurrate alle spalle. Prendersi la responsabilità di ciò che si dice delle altre persone dovrebbe essere un comportamento civile che ogni persona deve adottare. Che sia da dietro un computer o in prima persona, ognuno di noi dovrebbe valutare l’impatto e le conseguenze delle parole che rivolge agli altri, soffermandosi sulla consapevolezza che nessuno conosce, fino in fondo, la storia di qualcuno. Nessuno di noi conosce la battaglia silenziosa che sta combattendo la persona con cui stiamo interagendo; per questo motivo, soppesare parole, opinioni (soprattutto quelle non richieste), critiche, dovrebbe essere la regola base di ogni conversazione con il prossimo.

Grazie per essere arrivato a leggere fin qui, significa che hai apprezzato l’articolo e questo mi fa molto piacere. Se vuoi saperne di più su quello che penso e quello che puoi trovare nei miei libri, iscriviti alla newsletter, per ricevere altre notizie. Niente spam, promesso.
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    Moglie, zia orgogliosa, immigrata, autrice di 15+ romanzi, fervida sostenitrice del “be kind”, amante delle piante ma riesce a ucciderle in meno di una settimana.

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