La pandemia ci ha cambiato la vita, questo ormai è più che chiaro a tutti, sia dal punto di vista privato che da quello lavorativo. Mentre per alcuni settori economici è stato comunque possibile lavorare da casa, per altri è stata una battuta d’arresto improvvisa e destabilizzante. La settimana scorsa, nel mio post, ho parlato della vita del musicista in Italia, di come non sia facile sopravvivere facendo questo lavoro. Questa settimana voglio parlare di come questa quarantena abbia messo in ginocchio chi vive di musica, indipendentemente dal paese in cui si abita.
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Il mio prossimo libro in uscita, Backstage, parla di quello che è sempre stato uno dei miei amori: la musica. Mentre il libro racconta di chi ce l’ha fatta e ha avuto successo, io volevo dare spazio con questo post a chi, invece, lotta per farlo di lavoro in un paese come l’Italia.
Il romanzo “vieni a prendermi” e tutta la Stanford Series, è ambientata in un college americano, quello appunto di Stanford. La protagonista in questione fatica a trovare la sua strada, a decidere cosa fare nella vita. Ne avevo già parlato in precedenza in un altro post, affrontando il tema che a diciotto anni non sai cosa vuoi fare, in questo post voglio analizzare l’argomento che parte da una prospettiva diversa: serve ancora una laurea? Vale davvero la pena iscriversi all’università?
Il 16 aprile 2020 in questo post, scrivevo di come il colore della pelle può determinare le opportunità che la persona ha per il proprio futuro. Poco più di un mese dopo mi ritrovo a scrivere un post di come il colore della pelle decide se vivi o muori.
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AutoreMoglie, zia orgogliosa, immigrata, autrice di 15+ romanzi, fervida sostenitrice del “be kind”, amante delle piante ma riesce a ucciderle in meno di una settimana. Seguimi su:Archivi
September 2024
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