Il 16 aprile 2020 in questo post, scrivevo di come il colore della pelle può determinare le opportunità che la persona ha per il proprio futuro. Poco più di un mese dopo mi ritrovo a scrivere un post di come il colore della pelle decide se vivi o muori.
0 Comments
In diversi post che ho pubblicato nella rubrica “into the book” ho parlato sia del ruolo degli insegnanti nella formazione dei ragazzi, che del divario generazionale nell’uso di internet, e ancora della disparità di opportunità che ci possono essere tra i diversi studenti. Ne “la giara delle imperfezioni”, però, non ho preso in considerazione qualcosa come la pandemia che si è abbattuta negli ultimi mesi e che ci ha costretti a cambiare le nostre abitudini. Questa condizione forzata ci ha messi di fronte all’unione dei tre problemi di cui ho già parlato e il risultato è stato che li ha fatti risaltare in maniera spiccata.
Nelle ultime settimane è salito alla ribalta della cronaca, una notizia che ha fatto accapponare la pelle a chiunque l’abbia letta. In un gruppo di Telegram, più di cinquantamila utenti (maschi) condividevano foto a sfondo sessuale e dati personali di ragazzine ignare di quello che stava succedendo. I commenti che ne venivano fuori erano a dir poco raccapriccianti, dipingendo la donna come carne da macello da scopare o, se reticente, violentare. Con questo post non voglio entrare nel merito dell’esistenza di questo gruppo, che spero vivamente porti gli utenti che vi partecipavano in un’aula di tribunale, ma volevo fare un ragionamento che parte da questa visione della donna.
Ne “la giara delle imperfezioni” Scott è un ragazzo bianco che proviene da una famiglia ricca di New York. Ha un’intelligenza fuori dal comune e ciò l’ha portato a bruciare le tappe scolastiche, sfruttando l’accesso alle migliori scuole e i migliori insegnanti laureandosi giovanissimo. Il padre, viste le sue capacità, ha messo in campo tutte le sue conoscenze per fargli avere il meglio e fargli sfruttare quelle abilità fuori dal comune che lo rendono speciale.
Se Scott fosse stato un ragazzo nero del Bronx, povero e con i genitori che fanno tre lavori ciascuno per poter mantenere la famiglia, avrebbe avuto le stesse possibilità? La risposta è, probabilmente no. Se fosse stato in queste condizioni, uno degli insegnanti avrebbe dovuto accorgersi di quelle capacità, avrebbe dovuto parlare con la famiglia, spingerlo a studiare di più, dedicarsi a lui trascurando gli altri alunni. Cosa poco realistica. Quando ho iniziato a scrivere “la giara delle imperfezioni” avevo ben chiara in mente una cosa: Scott doveva essere un professore giovane, tanto giovane, poco più grande dei ragazzini a cui faceva lezione. Doveva entrare in contatto con loro, far parte di quel gruppo, guadagnarsi la loro fiducia per poter insegnare loro qualcosa di più che la semplice storia prevista in programma.
Dal momento in cui nasciamo fino a quando non diventiamo adulti e cominciamo una vita del tutto indipendente abbiamo bisogno di qualcuno che ci guidi e ci insegni a scegliere. All’inizio ci sarà solo la famiglia, poi col tempo si uniranno altre figure come gli insegnanti. Tutte queste persone sono fondamentali per la crescita e la formazione di un bambino. Ne “la giara delle imperfezioni” tratto un aspetto della vita moderna che non sempre è chiaro e palese di fronte ai nostri occhi ma che, se viene sottovalutato, può condizionare la vita di molti adolescenti. Parlo del gap tecnologico generazionale che ci divide dalle generazioni più giovani. Con l’evolvere della tecnologia, il rischio di diventare obsoleti agli occhi degli adolescenti è sempre più concreto e soprattutto rapido.
Uno degli argomenti che tratto ne “la giara delle imperfezioni” è scaturito dall’esigenza di dare un senso a un video che un giornale di tiratura nazionale ha riportato sul suo sito. Era un video di un’aggressione da parte di alcune ragazzine ai danni di una compagna. La cosa che più mi ha sconvolto, a parte la violenza disumana che ne scaturiva, era che le persone attorno erano raggruppate a filmare con i loro telefoni piuttosto che intervenire per aiutare questa ragazzina.
Quante volte ci è capitato di sentire un pettegolezzo e avere la curiosità di andare più a fondo della questione? Inutile nascondersi, è capitato a tutti almeno una volta nella vita. La curiosità di saperne di più è insita nella natura umana e non è sbagliata, se questa non diventa morbosa o cattiva.
Vi è mai capitato di trovarvi nel bel mezzo di una discussione con un gruppo di persone e sentirvi attaccare nonostante abbiate ragione? A me è capitato spesso, soprattutto sui social, ma occasionalmente anche nella vita reale. È una sensazione strana, oserei dire brutta per via del senso di impotenza di fronte al fatto che non è facile, se non impossibile, far vedere un altro punto di vista a queste persone.
Pedalo veloce per la via principale di questo paese fin troppo piccolo. E pensare che quando ero bambina mi sembrava enorme, invece crescendo mi sono resa conto che è limitato, esattamente come la mentalità delle persone che lo popolano. La chiesa, un supermercato, il benzinaio, un panettiere che è anche un caffè, un pub e una tavola calda sono tutto quello che si può trovare oltre alle case sparse, distanti l’una dall’altra, circondate da alberi secolari e prati ingialliti dal sole. Le tapparelle sono abbassate per tenere fuori la calura estiva ma soprattutto gli ospiti indesiderati. Perché questo paese è così, chiuso a chiunque non rientri nei suoi standard, lontano da qualunque novità che le televisioni, tenute a volume basso durante i pomeriggi torridi come questo, propongono senza mai arrivare davvero alle orecchie di chi qui ci è nato e cresciuto. Tra pozzi di petrolio e allevamenti di bestiame, tutto è rimasto fermo e statico come una bicicletta appoggiata a un muro a bruciare sotto il sole. |
AutoreMoglie, zia orgogliosa, immigrata, autrice di 15+ romanzi, fervida sostenitrice del “be kind”, amante delle piante ma riesce a ucciderle in meno di una settimana. Seguimi su:Archivi
September 2024
Categorie
All
|